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Zero Waste: il futuro della ristorazione è a rifiuti zero

  • Secondo una recente ricerca condotta dalla FAO, per ogni chilogrammo di prodotto sprecato vengono immessi nell’atmosfera 4,5 chilogrammi di CO2.
  • I rifiuti alimentari rappresentano l’8% del totale dei gas serra prodotti dalle attività umane e la ristorazione continua ad essere uno dei complici più attivi di questo malcostume.
  • Ma il senso di colpa potrebbe presto svanire, grazie ad una crescente sensibilità ambientale, che sta guidando i ristoranti verso un futuro sempre più sostenibile.

 

In Europa, ogni anno, milioni di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura, con un contributo pro-capite pari a circa 180 chilogrammi/anno.

Un vizio, quello dello spreco, che vale oltre 36 miliardi di euro, di cui 16 solo in Italia (quasi l’1% del PIL nazionale). Tuttavia, secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio Waste Watcher, non siamo noi il popolo più “sprecone� ma gli Olandesi, con ben 579 chilogrammi di cibo sprecato all’anno per persona.

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Lo spreco alimentare è concausa del climate-change

Un primato che di certo non fa onore alla Terra dei Tulipani, soprattutto se consideriamo che l’impatto dello spreco non è solo di ordine economico ma anche ambientale. Secondo una recente ricerca condotta dalla FAO infatti – che tiene conto tanto del processo produttivo quanto di quello di smaltimento – per ogni chilogrammo di prodotto sprecato vengono immessi nell’atmosfera 4,5 chilogrammi di CO2.

Complessivamente, i rifiuti alimentari rappresentano l’8% del totale dei gas serra prodotti dalle attività umane, ed interessano tutta la filiera, dal campo alla tavola. E la ristorazione continua ad essere uno dei complici più attivi di questo malcostume.

Ma il senso di colpa potrebbe presto svanire, grazie ad una crescente sensibilità ambientale, che sta guidando i ristoranti verso un futuro sempre più sostenibile.

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In Europa nascono i primi ristoranti Zero Waste

Spisehuset Rub & Stub, Copenaghen

A Copenaghen, ad esempio, definita come la capitale più green d’Europa, è nato nel 2013 il primo ristorante zero waste del mondo: lo Spisehuset Rub & Stub, dove il cibo utilizzato in cucina viene recuperato dagli scarti della grande distribuzione e dall’industria alimentare.

Qui, tutto il personale – dai cuochi ai camerieri – è composto da volontari e gli introiti sono destinati ad aiuti umanitari in Africa.

Il menù cambia ogni giorno, a seconda dei prodotti disponibili, con prezzi che variano dai 3 ai 15 euro, e riporta nel dettaglio utensili e tecniche di cottura impiegati.

Un’offerta trasparente dunque, che vuole informare il cliente, rendendolo consapevole delle proprie scelte.

Spisehuset Rub & StubSpisehuset Rub & Stub

Silo 39, Londra

Lo Spisehuset si è fatto portavoce di un’idea innovatrice, che ha ispirato molti chef. Tra questi, anche Douglas McMaster, che nel suo ristorante Silo 39 di Londra, ha adottato un sistema integrato per il recupero dei rifiuti, provenienti dalla cucina e dalla sala.

In particolare, ha installato una performante macchina di compostaggio, che trasforma gli avanzi in terriccio per l’agricoltura, utile ai contadini locali per nuove coltivazioni.

Un approccio che McMaster ama definire “pre-industriale”, poiché legato all’antico metodo di produzione del cibo. Oltre alla compostiera, è presente anche una macchina che trasforma l’acqua in una soluzione antibatterica disinfettante, naturale e atossica, adatta a tutte le superfici; un’alternativa non inquinante alla candeggina e ai detersivi.

Il ristorante segue anche altri accorgimenti, funzionali alla minimizzazione degli sprechi, in ottica rifiuti zero: dalla macinazione autonoma del grano per la produzione di pane ed altri lievitati, fino all’offerta gastronomica, che contempla soprattutto prodotti di origine vegetale.

Perfino l’estetica del locale è in armonia con la filosofia eco-friendly di Douglas: per la sua realizzazione, sono stati impiegati solo materiali naturali o riciclati. E sul tetto sono stati montati dei pannelli solari per una maggiore autosufficienza energetica.

Silo 39Silo 39

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Rifiuti zero: un trend in crescita ovunque, tranne che in Italia

Il modello zero-waste (o rifiuti zero)rappresenta dunque un trend in crescita, sostenibile anche dal punto di vista economico, che però in Italia fatica ad affermarsi.

Nel nostro Paese infatti, manca un’adeguata cultura imprenditoriale: prevale una visione ancora tradizionalista – e romantica – del ristorante, fondata su scarse conoscenze gestionali ed organizzative, che oppone resistenza ai cambiamenti, alle novità.

Una forma mentis poco incline al progresso, ancorata ad idee e comportamenti ormai vecchi, sorpassati.

mentalità chiusamentalità chiusa

Sostenibilità fa rima con profitto e bene comune

Ma come sempre, ci sono le eccezioni: alcuni ristoranti incentivano all’asporto del cibo avanzato attraverso doggy o family bag, oppure collaborano con associazioni solidali per la ricollocazione degli scarti, attraverso la realizzazione di veri e propri kit anti-spreco.

Iniziative che trovano il consenso della maggior parte degli Italiani e di Massimo Bottura, che in uno dei suoi ultimi libri Il pane è oro. Pasti straordinari con ingredienti ordinari, propone ricette alla portata di tutti per contrastare gli sprechi e puntare ai rifiuti zero.

Sostenibilità e profittoSostenibilità e profitto

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Che si tratti di un’operazione di marketing o meno, poco importa: oggi guardare alla sostenibilità significa generare profitto e fare il bene comune; due termini apparentemente antitetici, ma sempre più vicini, che mirano a porre fine alla vergogna dello spreco alimentare.

Credits: Depositphotos #309976418

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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