In molti hanno scritto sulle opportunità di Clubhouse e sulle novità di questa piattaforma, ma in pochi sembrano essersi soffermati su un concetto altrettanto importante: perché l’uso e la diffusione dei messaggi audio non abbia seguito lo stesso percorso e lo stesso successo del testo delle immagini e dei video; infine perché il formato audio, abbia impiegato così tanto tempo rispetto agli altri, per diffondersi in rete.
Cercheremo di approfondire questi interrogativi analizzando l’escalation dei messaggi audio, dell’improvviso successo di questa forma di comunicazione (sin ora relegata solo alle app di messaggistica istantanea, come ad esempio WhatsApp) e della piattaforma che in queste settimane ne ha fatto il proprio tratto distintivo: cioè Clubhouse.
La democratizzazione dei contenuti
Con all’avvento di Internet e poi dei social media, chiunque ha potuto scrivere e pubblicare i propri pensieri, offrendo la possibilità di leggerli da qualunque parte del mondo in qualsiasi momento della giornata. Questo è stato l’impatto più evidente che la rete ha avuto sui media tradizionali, appunto la democratizzazione. La democratizzazione è cominciata così e i blog ne hanno aperto la strada.
Per poter pubblicare un qualunque testo non occorreva più una macchina da stampa e tutti gli strumenti di una classica redazione, ma bastava (e basta ancora oggi) una tra le tantissime piattaforme per fare blogging.
Tutto ciò ha incoraggiato non solo la diffusione di testi, ma anche di altri contenuti come foto e immagini e, successivamente, dei video. Ma c’è di più. Presto le cose cambiarono nuovamente.
Negli anni, sono nate aziende che hanno reso tutti questi processi è ancora più semplici: YouTube per pubblicare i video, iTunes per i podcast, Flickr per la condivisione delle foto ed infine blogger per la realizzazione del blog.
Oggi, grazie a queste aziende, non è più essenziale possedere un sito web per la diffusione dei propri contenuti, una mail, una password e la scelta dei canali più appropriati, potrebbero bastare per fare di te “un editore”.
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L’aggregazione come conseguenza della democratizzazione
La democratizzazione dei contenuti e la possibilità offerta a chiunque di realizzare e diffondere testi, immagini e video ha portato ad una vera esplosione di contenuti. Da qui, il focus si è spostato sulle aziende in grado di aiutare gli utenti a trovare ciò a cui erano maggiormente interessati.
Per quanto riguarda l’indicizzazione delle pubblicazioni preesistenti nei blog e più in generale nei siti web il merito va a Google, che ha letteralmente trasformato il rapporto tra utente ed editore, rivoluzionando l’idea di visibilità ed introducendo altri importanti concetti oggi alla base dell’editoria digitale odierna.
Se Google è ed è stato il protagonista nell’indicizzazione dei contenuti testuali, Instagram lo è certamente per le foto: uno strumento che ha semplificato la condivisione di immagini, anche su altre piattaforme come Facebook e Twitter, trasformandosi nel tempo in un vero e proprio punto di riferimento.
Lo stesso è accaduto su YouTube, dove sin da subito i creatori sapevano che era lì che si trovavano i loro potenziali spettatori e il rapporto tra piattaforma e creatori era molto più radicale rispetto alle altre aziende o media.
Così, negli anni si è andato a definire il concetto di aggregazione: piattaforme che, per tipologie di contenuti, hanno aggregato editori, fotografi e videomaker.
La trasformazione: uno step inevitabile per la rete tutta
Dopo lo sviluppo della democratizzazione dei contenuti e l’aggregazione dei creatori, una successiva trasformazione è stato un passaggio consequenziale ed evidentemente inevitabile.
Se l’articolo di un blog può rappresentare l’evoluzione di un articolo di un giornale, se una foto di Instagram quella di una foto professionale e il video di YouTube un discendente di un episodio di una qualunque serie televisiva, la trasformazione ha però introdotto in rete qualcosa di inedito, qualcosa che nell’era ‘pre-internet’ era impossibile da realizzare.
Di cosa stiamo parlando? Di un modo di fare del tutto nuovo. Un esempio su tutti è Twitter, che ha introdotto nella vita di milioni di utenti un nuovo modo di pensare. Centinaia di migliaia di pensieri di utenti, visionabili in tempo reale in un flusso interrotto.
Qualcosa di nuovo, qualcosa di inedito, che solo la trasformazione di un media tradizionale in un media digitale ha reso possibile.
Un’innovazione, questa stabilita da Twitter, che ha danneggiato (o che ha ridimensionto almeno in parte) l’intera sfera del blogging. Una piattaforma più accessibile, più semplice da utilizzare e con uno streaming facilmente fruibile che realizza, conseguentemente, un circolo virtuoso: consumatori che spingono per la nascita di nuovi creatori, che a sua volta incentivano nuovi consumatori.
Questo genere di trasformazione ha pian piano coinvolto tutti i canali social oggi di maggiore successo decretando inevitabilmente dei passaggi significativi: dal blog a Twitter, dalla pubblicazione di foto in siti web a Instagram, da YouTube a TikTok sino ad iTunes (con il mondo dei podcast) e a Clubhouse.
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Dalla trasformazione alla nascita di Clubhouse
Con le ripercussioni della trasformazione, l’apertura di Clubhouse è stata inevitabile. Incoraggiata da una sostanziale differenza con i podcast, nel favorire un flusso continuo di contenuti audio, la trasformazione che ha generato quel passaggio ha promosso anche la nascita di questa nuova piattaforma, cioè di Clubhouse. Ma c’è di più.
Nelle stanze del nuovo social non solo è possibile diffondere dei contenuti, ma è anche possibile, alzando la mano, essere riconosciuti dall’editore, diventando contributori e creatori in pochi secondi. Un’evoluzione di quel circolo virtuoso descritto poche righe fa, che Clubhouse ha reso possibile grazie ad una caratteristica, sin ora solo parzialmente usata dai social fin ora esistenti e che ora invece diventa fondamentale: la modalità live audio.
La possibilità di trasmettere in diretta è un grande vantaggio per comunicare, ad esempio, eventi in tempo reale, per creare conversazioni su fenomeni e trend del momento, sullo sviluppo di progetti e altro. Le potenzialità sono davvero innumerevoli, senza però dimenticare che la qualità dei contenuti è ovviamente legata all’utenza e all’uso che ne verrà fatto.
Per questi motivi, il futuro di Clubhouse è legato allo sviluppo del suo algoritmo, tale che possa permettere agli ascoltatori di scoprire nuove ed interessanti conversazioni in base ai propri interessi.
Questa è un’altra caratteristica che manca nei podcast, dove è possibile scegliere ciò che si vuole ascoltare in una lista quasi infinita di contenuti, ma senza alcuna automatizzazione e lasciando che sia l’utente a decidere cosa vuole ascoltare. Potrebbe essere un vantaggio, ma in realtà non lo è. L’ampia scelta è spesso l’origine di un effetto paralizzante che nella maggior parte dei casi, non conduce ad alcuna scelta. Gli utenti vogliono scorrere il feed così su Instagram come su Twitter, così su TikTok e così sarà anche su Clubhouse.
Clubhouse e l’influenza del Covid19
A favorire anche la nascita e la diffusione di questa nuova piattaforma è stata anche la pandemia internazionale.
In un periodo nel quale socializzare era quasi impossibile (e lo è ancora, in molti paesi del mondo) Clubhouse ha offerto un luogo in cui potersi incontrare anche se solo virtualmente, e parlare di argomenti di interesse comuni. Dunque certamente il Covid 19 ha favorito la nascita di Clubhouse, oltrepassando i limiti imposti dalla crisi sanitaria sulla socializzazione, anche attraverso il meccanismo degli inviti.
Per poter entrare nella piattaforma è infatti necessario avere un invito o iscriversi in una lista d’attesa e sperare che qualche amico ti offra la possibilità di entrare. Tutto ciò incentiva l’importazione dei contatti all’interno della piattaforma per coinvolgere più rapidamente tutti gli amici; un meccanismo questo, che rivela la sfacciataggine nell’acquisizione dei contatti dell’applicazione, di cui siamo certi in seguito se ne parlerà molto.
Adv in Clubhouse
La possibilità di realizzare campagne all’interno della piattaforma è uno degli interrogativi che gli advertising di tutto il mondo si stanno ponendo in queste settimane.
Facebook continua a far evolvere i propri strumenti per la realizzazione di campagne sempre più curate ed efficaci. Una specializzazione ancora non raggiunta da nessuna piattaforma, una peculiarità che lo rende ancora attuale e competitivo, anche verso applicazioni emergenti come lo stesso Clubhouse.
Source: http://www.ninjamarketing.it/