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Twitter è libero: la spallata di Musk al mondo polarizzato

The bird is freed“: se solo qualche anno fa ci avessero chiesto se il sistema delle Big Tech fosse scardinabile, o almeno scalabile, avremmo risposto che sarebbe stato più facile sbarcare su Marte. Eppure Elon Musk, abituato a stupire e sorprendere, ha vinto la sua ennesima battaglia, comprando Twitter dopo una breve querelle legale.

L’uomo più ricco del mondo è entrato con un lavandino in mano nella sede dell’azienda di San Francisco (twittando un gioco di parole con “let that sink in!”, tradotto: “lascia che affondi”, ma sink sta anche per “lavandino”) e si è fatto poi ritrarre nella caffetteria in mezzo ai nuovi “colleghi”.

Musk ha comprato Twitter

La sua prima decisione è stata subito una bomba: il licenziamento del CEO Parag Agrawal, del CFO Ned Segal, del consigliere generale Sean Edgett e di Vijaya Gadde, la Chief Legal Officer, una delle principali responsabili della controversa decisione di allontanare Donald Trump dalla piattaforma.

Stratosferiche le buonuscite per i dirigenti: dai 38,7 milioni per Agrawal fino ai 12,5 per la Gadde.

LEGGI ANCHE: Il brand activism al capolinea: nel futuro più dialogo e meno polarizzazione

Una breccia nella polarizzazione

La crociata di Musk per il free speech fa breccia nel mondo dei social media, piattaforme nate per garantire a tutti il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e poi diventate, col passare degli anni, dei veri e propri editori.

Il passaggio cruciale si è avuto quando i board di queste società hanno deciso, a più riprese, chi avesse facoltà di parola e chi no, sulla base di una discrezionalità assolutamente legittima ma tipica, appunto, di un media tradizionale o di una casa editrice.

L’idea dell’esistenza stessa di social media aperti, inclusivi e rispettosi della libertà di parola di tutti sembrava caduta nel dimenticatoio prima della crociata di Musk che ha pubblicato un interessante e significativo messaggio destinato agli inserzionisti: “La ragione per cui ho acquisito Twitter”, si legge “è perché è importante per il futuro della civiltà avere una piazza digitale comune dove un grande ventaglio di opinioni differenti possono essere dibattute in sicurezza e senza violenza“.

Musk prosegue indicando nella polarizzazione estrema-destra VS estrema-sinistra la vera causa dell’emergere di enormi “echo chambers” autoreferenziali, all’origine del degrado del dibattito pubblico e mediatico. L’accusa ai media tradizionali è netta: avere incentivato questa polarizzazione, sperando in maggiori introiti. “Non l’ho fatto perché è facile“, continua Musk riecheggiando la celebre frase di Kennedy sul progetto del primo allunaggio, “ma per aiutare l’umanità che amo“.

Musk rompe l’asse della polarizzazione dei social e promette agli inserzionisti un luogo sicuro ma libero, dove proporre i propri annunci a un pubblico realmente interessato, pacificato e dialogante.

Al di là delle buone intenzioni, la probabilità di fallimento è concreta: la gran parte dei media mainstream restano polarizzati e le Big Tech confermano la loro vera natura di editori.

Proprio in questi giorni sta girando su Meta l’annuncio delle sospensioni delle comunicazioni politiche in vista delle elezioni di Mid Term: a costo di perdere inserzionisti si preferisce la censura.

La seconda incognita sono proprio i brand: abituati alla polarizzazione, e poco flessibili ai cambiamenti, quando comprenderanno la rivoluzione in atto? Al posto del brand activism al capolinea, della censura e della tribalizzazione dei cittadini-consumatori, può tornare di moda il dialogo e il confronto.

Musk ha tracciato la strada e il mondo che ci attende, ben diverso da quello del 2019, è pronto per una svolta culturale di questo tipo.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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