La selezione del creator in una campagna (influencer outreach) è per antonomasia una delle sfide più rilevanti per chi opera in ambito influencer marketing.
Un influencer non adeguato può segnare negativamente non solo le performance di progetto, ma addirittura la reputation del brand.
Un problema talmente sentito da essere condiviso: stando al report Brand & Marketer di ONIM, questa è una challenge determinante per oltre il 60% dei professionisti intervistati.
Una difficoltà che è figlia dell’attività stessa: troppi e soprattutto troppo diversi tra loro i parametri da analizzare. Ne consegue la necessità di un approccio complessivo, in grado di integrare, contestualizzando, ogni singolo aspetto, semplificandone la lettura globale.
Una issue che può riassumersi in:
- misurare e parametrizzare anche la dimensioni qualitativa dei creator
- estrarre insight differenti, capaci di adattarsi all’esigenza precedente
- connettere e integrare tra loro i diversi insight
- parametrizzare e generare un indice che sia utilizzabile, capace di migliore le valutazioni e, conseguentemente, la scelta.
Quantità e qualità, insieme
La “doppia” dimensione è uno degli elementi che maggiormente segna l’influencer marketing e ne complica valutazioni e utilizzo. Alla dimensione “quantitativa” infatti, se ne affianca una prettamente qualitativa, in molti casi decisiva per il successo di una campagna. Parametri che nella maggior parte dei casi sono complessi da “estrarre”, ponderare o ricondurre ad un singolo insight.
Capacità relazionali, creatività dei contenuti, know-how di settore sono solo alcuni di queste variabili, variabili che come è immaginabile hanno però un peso determinante nelle attività con creator e influencer.
Un mix che in molti casi caratterizza gli stessi, diventando variabile basilare nella capacità di spingere all’azione gli utenti o, come preferiscono molti, di influenzarli.
Elementi che guadagnano ancor più rilevanza in uno scenario, quello odierno, che sta rimettendo al centro il contenuto e il suo valore. Non soppesare quindi tali elementi rischia quindi di limitare pesantemente il nostro progetto e le sue possibilità di produrre un impatto reale sugli utenti.
Più fonti per dati sempre più estesi (e profondi)
Un’altra problematica della fase di outreach è il limitarsi alle piattaforma social e alle loro metriche superficiali.
Un modus operandi diffuso, forse per comodità, ma soprattutto per mancanza di conoscenze e figure idonee nei team, ma ancor più rilevante, di strumenti in grado di lavorare su analisi più profonde, andando oltre.
Ma il tool non basta, anzi. Molto spesso quando disponibile diventa un limite: il singolo strumento condiziona il metodo di analisi e non sempre è idoneo a rispondere alle numerose necessità di campagna.
Esistono tool più o meno buoni certo, ma nessuno è “perfetto” o, almeno, perfetto per ogni singola situazione o progetto.
Serve un approccio più ampio e soprattutto strumenti capaci di integrare fonti differenti, capaci cioè di completare lo scenario, come quelle provenienti dalla web & social listening (topic, sentiment, reputation), quelle di image e video recognition, ma anche più “umane”, che necessitano di sensibilità di professionisti per essere comprese e valutate al meglio, come le competenze di settore del creator.
Facile comprendere quanto una figura parla di una tematica, molto meno in che modo.
Dati proprietari o di terze parti la cui gestione diventa un asset fondamentale, così come la loro lettura, contestualizzazione e interpretazione, in un’evoluzione da dato a insight.
Un’evoluzione in cui AI e machine learning sono e saranno sempre più determinanti.
Integrare e connettere per valutare: il metodo R.E.L.E.V.A.N.C.E.
Ottenere i dati e capire quali utilizzare non può bastare però. La reale differenza sta nel metterli a sistema e renderli utili a livello strategico. Come? Integrandoli. Non solo in modo che mantengano il loro valore/significato, ma ancor di più che riescano, insieme, a darci un livello di valutazione superiore, globale.
Una necessità non certo semplice a cui ho provato a dare risposta con R.E.L.E.V.A.N.C.E., una metodologia multi-KPI pensata per integrare parametri e fonti eterogenee, attribuendogli, in base alla tipologia e alle finalità di campagna, un peso variabile. Un approccio studiato per migliorare la fase di valutazione e adattarsi alle diverse esigenze e obiettivi dei singoli progetti.
- REPUTATION: la reputazione del creator, analizzata e valutata grazie a tool di web & social listening e con l’integrazione di AI e machine learning
- ENGAGEMENT: la capacità del creator di spingere gli utenti a interagire. Un parametro che deve tenere conto non solo della dimensione quantitativa, ma soprattutto della tipologia di interazione (like, commenti, condivisione) e del suo essere o meno on topic rispetto al contenuto pubblicato
- LOYALTY: l’attitudine del creator a relazionarsi con la propria community e coinvolgerla attivamente
- EFFECTIVENESS: la qualità dei contenuti prodotti, andando a valutarne stile, mood e caratteristiche
- VERIFIED AUDIENCE: valutare le caratteristiche più complesse dell’audience del creator come nazione, età, sesso, interessi, affinità. Il numero di follower è e resterà sempre solo un numero
- AFFINITY: l’affinità di stilte, mood, tone of voice tra brand-creator-fanbase
- NOTORIETY: la notorietà di un creator online (menzioni e buzz online, posizionamento SEO delle keyword correlate), ma, ove possibile, anche offline (survey e ricerche dedicate)
- COLLABORATIONS: le collaborazioni fatte in passato del creator, analizzando sia i progetti con competitor, ma soprattutto le performance dei suoi contenuti #ad
- EXPERTISE: La competenza e il know-how dell’influencer, fondamentali in progetti verticali e con obiettivi come la laed generation. Un’analisi anche desk, ma supportata da AI e machine learning, andando oltre i contenuti pubblicati (studi, cv, ecc)
Parametri che a seconda della di campagna, della piattaforma, ma soprattutto delle finalità, sono integrati e “pesati” per offrire un parametro univoco e chiaro, utile a selezionare non un creator, ma quello ideale per il nostro progetto.
Andando nel concreto. In una campagna di brand awareness, expertise e loyalty avranno meno peso rispetto alla notoriety. In una, invece, in cui si vuole migliorare il posizionamento di brand o prodotto saranno reputation, loyalty ed effectiveness ad avere un ruolo centrale.
Da grandi budget dipendono nuove responsabilità (ed esigenze operative)
R.E.L.E.V.A.N.C.E. si presenta come una metodologia complessa, dispendiosa sia in termini di competenze, team, ma soprattutto di tool.
Una complessità capace però di limitare l’enorme rumore di fondo dello scenario odierno degli influencer, senza contare la necessità di supportare l’’evoluzione delle esigenze di chi investe nell’influencer marketing, al fine di garantire risultati concreti, in linea con aspettative e investimento
Un obiettivo raggiungibile solo trovando la sinergia, a livello di risultati, tra quantità e qualità. Se i creator sono la risposta, è fondamentale siano quella più giusta possibile per brand e progetto.
Source: http://www.ninjamarketing.it/