- Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano, sarebbero 18,9 milioni gli italiani che si rivolgono all’asporto, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di euro.
- Tra le principali motivazioni che spingono ad usufruire del take away vi è anche la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, variando la propria alimentazione.
- La FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) promuove l’asporto come una modalità emergente per servire la propria clientela.
I ritmi di lavoro incalzanti e, in generale, la frenesia della società in cui viviamo, spesso ci costringono ad una pausa pranzo veloce, difficilmente compatibile con i tempi – necessariamente più dilatati – di un pasto al ristorante.
Sempre più persone, infatti, ordinano “cibo d’asporto”, per consumarlo in ufficio o nella comodità di casa, al netto del costo del servizio al tavolo.
Il vantaggio economico è, senza dubbio, uno dei fattori determinanti del successo del take away in Italia: contratti precari e salari ridotti rendono la ristorazione tradizionale pressoché inaccessibile; uno sfizio saltuario, anziché un’abitudine del weekend.
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Il take away vale 5,5 miliardi di euro
Secondo i dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano, sarebbero 18,9 milioni gli italiani che si rivolgono all’asporto, per un valore complessivo di oltre 5,5 miliardi di euro – e il trend è in crescita.
Quello del take away, dunque, è un mercato che sta vivendo un vero e proprio boom, complice anche il lockdown, che ha favorito l’integrazione del servizio nella maggior parte dei ristoranti, non senza alcuni insuccessi.
I dati di Gfk Eurisko sul mercato del take away
Dai risultati diffusi da Gfk Eurisko, 1°Osservatorio Nazionale sul mercato del take away, emergono alcuni aspetti interessanti, che introducono a nuove opportunità di business – e ad un lifestyle in evoluzione.
L’indagine è stata condotta su un campione selezionato di 2000 persone, che hanno risposto ad alcune specifiche domande.
Un fenomeno diffuso ma ancora “tradizionale”
Il 51% della “popolazione” ha dichiarato di aver ordinato cibo a domicilio negli ultimi 6 mesi, soprattutto telefonicamente (39%). Resta inoltre un 44% che ordina il cibo da asporto di persona, recandosi sul posto.
Italiani pronti a ordinare via digitale
Solo il 2% dei consumatori ha scelto il digitale, ma l’intenzione è in netto aumento, con il 19% (7 milioni di persone) che si dichiara intenzionato ad utilizzare questo canale per l’acquisto.
Online si spende di più
Il digital take away è ancora tutto da sviluppare, ma mostra una frequenza di acquisto e uno scontrino medio più elevati.
La media è infatti di 4/5 volte al mese, contro le circa 1/2 volte al mese dell’ordinazione di persona e di quella per telefono, mentre la spesa si attesta sui 97 euro al mese contro i 32 e 37 euro dell’ordine personale e telefonico.
Un servizio legato al lavoro ed agender
Con una frequenza di 3 volte al mese l’ufficio risulta il posto da cui si fanno più ordini, seppur con una spesa media inferiore rispetto a chi ordina da casa.
L’utilizzo è inoltre equamente suddiviso tra uomini e donne.
La pizza resta l’alimento preferito, seguita dalla cucina giapponese
Nella top 10 degli alimenti ordinati da casa fanno poi il loro ingresso cucine come il messicano, il pesce e le tipicità regionali.
Gli amici sono la compagnia perfetta
Il servizio conferma ancora una volta la predisposizione italiana al social eating informale e in compagnia: il 40% ordina infatti con gli amici, il 22% in famiglia, il 20% con il partner e il 18% da solo.
Comodità e mancanza di tempo sono i driver
Il take away viene innanzitutto percepito come una grande comodità quando si è troppo stanchi per cucinare, ma anche come soluzione ideale in caso di mancanza di tempo e organizzazione.
Ma anche curiosità e voglia di qualità senza uscire
Tra le principali motivazioni che spingono ad usufruire del take away vi è anche la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, variando la propria alimentazione.
Segue l’utilizzo del servizio come alternativa al mangiar fuori e al ristorante, indice di come la percezione di quest’ultimo sia sempre più qualitativa.
Se una volta il take away era appannaggio esclusivo di pizzerie e rosticcerie, oggi interessa anche la ristorazione di qualità.
La FIPE promuove il take away
E ad essere sempre più convinta delle potenzialità di questo servizio – al di là della funzione ammortizzatrice che ha assunto durante la pandemia – è la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che, dopo il lancio di Ristoacasa.net, continua a promuovere l’asporto come una modalità emergente per servire la propria clientela.
Una clientela eclettica nei suoi comportamenti, che vuole poter diversificare i luoghi della cena senza che ciò comporti la dicotomia: cibo mio a casa mia, cibo della cucina del ristorante al ristorante.
Nei prossimi anni, dunque, il ricorso al take away potrebbe non derivare da una scelta obbligata, ma da una scelta ponderata e sostenibile.
E i ristoranti che vorranno cogliere questa opportunità, dovranno concentrarsi sull’ottimizzazione dei tempi, della brigata di cucina, nonché della propria dispensa.
Nondimeno, dovranno provvedere ad un package tanto funzionale, quanto a norma ed ecologico, oltre che esteticamente pregevole e con insito il valore aggiunto del “racconto” della pietanza.
Source: http://www.ninjamarketing.it/