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Marketing tips: differenze tra paid, owned ed earned media

L’aumento dell’importanza dei social media e delle digital PR ha portato i brand a cercare marketing tips per raggiungere il successo e coinvolgere i propri clienti attraverso investimenti mirati.

Oggi per un brand è diventato essenziale essere presente ovunque il cliente possa cercarlo, sfruttando le opportunità di paid, owned ed earned media. Ognuna di queste tre categorie ha le proprie specificità ed offre opportunità di arrivare al target.

Marketer tips: partiamo dalle parole chiave

Negli ultimi anni il linguaggio del marketing si è evoluto fino a diventare un vero e proprio gergo, che ai più può a volte risultare ostico. Per ogni marketer che si rispetti è comune incontrare termini come paid, owned ed earned all’interno di una media strategy. Ma non diamo nulla per scontato e approfondiamo insieme questo tema. Ripartiamo dalle basi e da una panoramica sul significato di ciascun termine. 

Paid media

Questa prima categoria include tutti i media che vengono attivati a pagamento. In questo calderone troviamo un’ampia forbice di canali: dall’adv tradizionale – stampa, annunci radiofonici e televisivi o i cartelloni pubblicitari -, a quello online con annunci sui social media o quelli sulle pagine dei risultati dei motori di ricerca, gli annunci display sui siti web. In parole povere: tutti gli spazi in cui un brand può pianificare la programmazione dei propri contenuti, dietro il pagamento di un fee concordato. 

È lo strumento ideale per raggiungere un target specifico. Inoltre, permette di avere il controllo totale sui contenuti che vengono creati o approvati dal brand prima della messa online.

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Owned

In Owned includiamo tutti i canali di proprietà del brand: dal sito web, ai post del blog, i social media e l’email marketing.

Si tratta di un mix potente all’interno di una strategia di marketing perché è possibile, attraverso un lavoro di storytelling e creazione dei contenuti, controllare completamente chi li vede, attraverso l’analisi degli insight o degli analytics. 

Infatti, se è necessario prevedere un budget per i contenuti a pagamento e non è possibile controllare quelli guadagnati (earned), d’altro canto è sempre possibile creare contenuti per raggiungere il target in maniera organica.

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Earned media

Gli Earned media, infine, sono tutti i media “guadagnati”, attraverso una strategia di comunicazione ed il lavoro di PR e digital PR. In poche parole, è quando altre persone parlano di un brand senza ricevere per questo un compenso: influencer, giornalisti, PR, ma anche review spontanee oppure brand lover che condividono spontaneamente i contenuti.

mediamedia

Sebbene non sia al 100% sotto il controllo dei marketers, è decisamente lo strumento più utile a creare brand awareness. L’84% delle persone infatti si fida delle raccomandazioni di amici, familiari o KOL (Key Opinion Leader), piuttosto che di altri tipi di media marketing o adv. 

È sicuramente interessante vedere che tra le fonti più affidabili (al 3° e 4° posto) vi siano i siti di pubbliredazionali con il 55% dei consensi (+7% rispetto al 2013) e i siti internet aziendali con il 53% (+9%). Entrambe le fonti sono caratterizzate da un’elevata densità di informazioni.

Marketer tips: come integrare le tre leve?

Una volta chiarito il significato dei termini, appare evidente come ognuno di questi tre tipi offra ai marketer una vasta gamma di approcci e canali. Se in passato sono stati i paid media a farla da padrone, assistiamo ad un cambiamento che porta ad una sempre crescente importanza dei cosiddetti earned media, in parallelo ad una maggiore attenzione nella gestione dei canali di proprietà.

Diventa quindi importante pianificare gli obiettivi del brand ed avere ben chiaro in mente il target da raggiungere, per andare a comporre la migliore strategia possibile integrando le PR (earned media), l’influencer marketing (che può appartenere a tutte e tre le categorie), SEO (owned), in una campagna di marketing multipiattaforma.

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Pianificare gli obiettivi del brand

Non esistono due individui perfettamente uguali, e lo stesso discorso si applica anche ai brand. È per questo essenziale conoscere le caratteristiche, i punti di forza, le opportunità e le debolezze del proprio brand per andare a pianificare al meglio la propria media strategy.

mediamedia

  • I paid media possono aiutare il brand a posizionarsi, andando ad intercettare un determinato target attraverso il canale più adatto;
  • I canali di proprietà offrono invece la possibilità di stabilire e consolidare un dialogo con il target già raggiunto, trattenendone l’attenzione attraverso lo storytelling e il content marketing;
  • Le PR ed in generale gli earned media consentono di lavorare sul passaparola, la più antica ma sempre attuale leva che permette di andare a costruire la credibilità del brand.

Con queste premesse è tuttavia doveroso ricordare come non esista una ricetta comune. Ogni brand deve trovare la sua strada attraverso un percorso fatto di prove e di errori, aggiustando di volta in volta il tiro.

Conoscere il proprio target

«Se conosci il nemico e conosci te stesso, non devi temere il risultato di cento battaglie» diceva in “L’arte della guerra” Sun Tzu, generale e filosofo cinese. Il più antico testo di arte militare, ha influenzato anche il marketing, e ci riporta all’importanza di individuare il nostro consumatore tipo per trasformarlo in un cliente.

Dalla conoscenza del proprio target deriva a cascata la definizione del marketing mix dell’azienda. Questo ci permette allo stesso tempo di individuare le giuste strategie per raggiungere gli obiettivi di business prefissati.

Marketer tips: prova, fallisci, prova ancora

Una volta delineata la campagna di marketing, è importante misurare l’andamento degli investimenti attraverso l’analisi degli insight e dei KPI. Questo consente di valutarne il successo, le eventuali debolezze e i punti di miglioramento che permetteranno di aggiustare il tiro e fare meglio in futuro.

È forse questo l’elemento più importante di una media strategy: non avere l’ambizione che tutto vada per il meglio, ed anzi sfruttare il fallimento come un’occasione per migliorarsi e trovare mix di investimenti più funzionali al proprio brand.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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