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L’intelligenza artificiale raccontata da Annamaria Testa

Creatività e intelligenza artificiale. Una partita ancora tutta da giocare, ammantata di incognite e ampie zone grigie. Pertanto ogni pronostico è un azzardo. “L’IA è molto artificiale e non è esattamente intelligente”, avverte Annamaria Testa, esperta di comunicazione, pubblicitaria e saggista, con cui abbiamo parlato dell’ultimo fenomeno in fatto di tecnologia. “Un errore antropomorfizzarla”, ci ha spiegato.

L’AI alla prova pratica

Il suo primo contatto con i nuovi sistemi di intelligenza artificiale?

«Dovendone scrivere a lungo ho provato già mesi fa a interagire con alcune IA. Midjourney fa cose molto interessanti: va guidato accuratamente con i prompt e dà risultati buoni, perfino creativi. Non tanto sul piano stilistico ma compositivo per il modo in cui riconfigura risultati già esistenti. Ad esempio ho provato a proporre il concept di un negozio su cui stavo lavorando e mi ha restituito una visione ‘fumettosa’, ma non così distante da quella che poi hanno messo a fuoco gli architetti. Era quel negozio, ma visto da Paperino».

E la famosa ChatGPT?

«L’ho usata molto. Dà risposte plausibili, in un italiano eccellente, ma con una qualità delle risposte un pelino generiche. Proprio per prepararmi a questa intervista ho chiesto a ChatGPT di scrivere una mia biografia».

Ha fatto un buon lavoro l’AI?

«Si è inventata tutto poveretta. Mi ha fatto poetessa, nata a Torino e aggiunto che già da piccola amavo scrivere. Le ho quindi chiesto dove avesse trovato quei dati e l’IA mi ha risposto: ‘Mi scuso per l’errore: come modello di linguaggio non ho accesso a informazioni sui singoli individui a meno che non siano di dominio pubblico (ndr. Quelli di Annamaria Testa lo sono in italiano, ad esempio su Wikipedia, ma non in inglese). Pertanto la mia risposta era ipotetica: mi scuso per l’inconveniente’. È un effetto straniante!»

Cosa ci dice questo esperimento?

«Occhio! Se cerchiamo corrispondenze in inglese potremmo pensare di ottenere informazioni più che decorose. Se cerchiamo riscontri solo italiani questa ragazza o questo ragazzo, non abbiamo ancora capito il sesso dell’IA, attenzione perché si inventa tutto».

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Intelligenza artificiale: limiti e rischi

In un suo recente articolo ha conversato con Francesca Lagioia,  filosofa del diritto e docente di informatica giuridica all’università di Bologna. Quale messaggio è emerso?

«Sono diversi quelli importanti, ne cito alcuni. Primo: le cose sono molto più complicate di come sembrano e varrebbe la pena che tutti noi ci capissimo qualcosa di più. Secondo: l’Europa sta facendo qualche sforzo normativo, mentre gli Stati Uniti sono già del tutto regolamentati. Con l’IA si può fare tutto: in Cina siamo al ‘panopticon’, cioè alla sorveglianza totale. Terzo, il punto più importante, nessuno sa cosa può succedere nel breve-medio periodo. Nemmeno da qui a tre anni».

Uno dei nodi oggi è l’addestramento e la supervisione umana dell’IA. Ma le nuove risorse non hanno bisogno sempre di un periodo di ‘formazione’? È un’assonanza legittima?

«Direi di no. Il deep learning non è un apprendimento ma è un trasferimento di informazioni di dati. L’IA non impara, non diventa più  consapevole ma affina le sue risposte. In definitiva antropomorfizzare l’IA è un errore: è molto artificiale, non è esattamente intelligente, non impara come gli umani e non ha emozioni. Quindi non ha nemmeno limiti, non distingue il bene dal male».

In base alla sua esperienza come si potrebbe dipanare in futuro la matassa dell’AI rispetto al tema della creatività?

«Non lo sa nessuno. Al momento non ci sono norme solide e mancano studi approfonditi. E se parliamo di creatività, le neuroscienze non hanno approfondito bene nemmeno cos’è la creatività umana. Figuriamoci come si fa a proteggerla nei confronti delle intelligenze artificiali. Siamo ancora molto indietro. Credo che davvero bisognerebbe rallentare: ammesso che sia possibile e sufficiente. Cosa della quale, ad esempio Francesca Lagioia, dubita molto».

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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