Quella che stai per leggere è una di quelle interviste che rimangono nel cassetto per un po’ di tempo, in attesa di trovare il momento giusto per essere pubblicate, o di avere il giusto spazio nella frenetica programmazione redazionale. Eppure le parole che Kevin Roberts, storico CEO di Saatchi & Saatchi e ora leader dell’agenzia di consulenza Red Rose Consulting, sono di quelle che andrebbero lette e rilette, quasi come un classico della letteratura, perché dentro è possibile scoprirci sempre qualcosa di nuovo.
Kevin Roberts è colui che ha inventato l’idea di lovemarks, ossia di quei marchi a cui siamo legati da una relazione affettiva, da un rapporto che coinvolge tutti i nostri sensi, e che sono capaci di instaurare un senso di lealtà, in grado di attrarci al di là di ogni forma di razionalità, economica o pratica. Parliamo quindi di puro marketing.
Quando lo abbiamo incontrato, durante l’edizione 2021 del WOBI, le gambe un po’ tremavano, ma come tutti i Grandi ci ha messo subito a nostro agio, con una battuta e i suoi modi gentili. Contestualizzare con questo grado di dettaglio ci serve a sottolineare che questo è uno di quei casi in cui forma e sostanza sono un tutt’uno e in quest’ottica andrebbero lette le parole che seguono, le indicazioni, i concetti e i pensieri che questo guru del marketing ci ha regalato.
Cambiamento e creatività per coinvolgere le persone
Come possiamo creare una cultura delle idee e come possiamo identificare una grande idea tra centinaia di idee non significative?
«Viviamo nell’era delle idee, ma negli ultimi due anni è stato piuttosto difficile per noi andare avanti. Non possiamo tornare a una nuova normalità, come in tanti avevano annunciato dopo la prima fase della pandemia. Siamo tutti cambiati, abbiamo tutti nuove storie e l’unico modo per andare avanti è il cambiamento.
Ci sono tre tipi di cambiamento:
- incrementale, cioè un miglioramento continuo come il kaizen giapponese;
- trasformazionale;
- dirompente.
Dobbiamo sapere quale di questi tipi di cambiamento adottare. La cosa più importante per tutti noi, in ogni caso, è la creatività.
Ma che cos’è la creatività esattamente? È la capacità di guardare qualcosa, la stessa cosa che guardano tutti, ma pensare qualcosa di diverso.
Pensare qualcosa di diverso inizia con una regola: come aziende dobbiamo imparare a fallire velocemente, imparare velocemente e risolvere velocemente, quindi dobbiamo avere il coraggio di fallire e imparare bene.
Solo in questo modo le idee possono fiorire. Si tratta, in fondo, di tornare un po’ bambini, a quando eravamo molto creativi perché ognuno vedeva le cose a modo proprio, in modo diverso. Solo dopo, a scuola, nelle università, nelle aziende, siamo stati addestrati. Quando avevi cinque anni eri molto creativo perché vedevi le cose e le vedevi in modo diverso, ma poi sei stato addestrato a vedere le cose nello stesso modo di tutti gli altri.
Oggi, abbiamo bisogno di creare una cultura in cui vada bene anche fallire. Solo fallendo, si impara e si diventa capaci di aggiustare il tiro, si capisce quando si ha una buona idea, una grande idea o una pessima idea.
Alla fine si tratta di ascoltare l’istinto, ascoltate il cuore. Sì, possiamo avere tonnellate di dati; sì, possiamo fare i test; ma non è questa la fonte magica. Il segreto è avere fiducia nel proprio istinto per sentire il mercato, per sentire il cliente, per sentire il consumatore.
Quindi bisogna essere là fuori e si deve ascoltare. Non parlare, ma ascoltare e guardare bene. Non si può fare tutto sullo schermo, non si può fare tutto a distanza. Bisogna vivere lo stesso mondo dei nostri consumatori e dei nostri clienti».
Quanto è importante la creatività nel business?
«È la singola caratteristica che definisce un business. La creatività ha un potere irragionevole.
Non c’è niente di più importante della magia di arrivare prima al futuro ed eseguirlo con eccellenza. È l’unica cosa che differenzierà l’idea.
Guardiamo, ad esempio, il valore delle idee di Elon Musk. La sua compagnia vale più di Toyota e General Motors messe insieme e questo è il potere di un’idea».
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Il ruolo dei leader di oggi secondo Kevin Roberts
Come si fa a passare dallo storytelling allo storysharing?
«Rolf Jensen ha detto che i leader del 21° secolo sarebbero stati degli “story tellers”, ma si sbagliava. Sono degli “story sharers”. Oggi infatti vogliamo essere coinvolti, nel personaggio e nella storia. Ci buttano così tanta roba addosso che stiamo affogando nelle informazioni e più ne sai di qualcosa, meno interessante questa cosa diventerà.
Pensa al matrimonio, pensa a qualsiasi relazione, tutti noi abbiamo bisogno di mistero, abbiamo bisogno di sensualità, abbiamo bisogno di intimità. Tutti oggi abbiamo una voce, sia su Twitter, che su Instagram, o su qualsiasi altro social. Ma tutti vogliamo essere coinvolti nella storia. Io ho sei figli e nove nipoti, quando parlo con loro mi rendo conto che non posso più semplicemente raccontare loro una storia. Vogliono essere nella storia, vogliono agire, vogliono essere parte di essa.
Dal punto di vista del business questo significa che dobbiamo rinunciare al controllo del marchio e dare quel controllo al consumatore».
Come può il marketing creare un movimento che la gente vuole condividere?
«Sì, penso che questo sia il ruolo del Marketing Manager. Non è più quello di creare un marchio, ma di creare un movimento. Ognuno di noi vuole essere parte di qualcosa di più grande di se stesso. Per questo se scegli Nike contro adidas o adidas contro Nike, non stai scegliendo semplicemente delle sneakers invece di altre sneakers. Stai scegliendo ciò che ti rappresenta, stai scegliendo se vuoi essere come Nike o vuoi essere come un fantastico giocatore del Manchester City o vuoi essere parte di qualcosa di più grande di te.
Per questo dico che il ruolo del Brand Manager è cambiato: non gestisce più il marchio, ne cede il controllo e ispira tutti a vedere cosa c’è dietro il marchio. Si tratta di avere uno scopo.
Quindi devi pensare molto più in grande se sei nel marketing. Questo è il momento migliore nella storia dell’umanità per essere un marketer, perché non si tratta più di gestione del marchio, ma di creare un movimento. Qualcosa di molto eccitante, quindi».
Kevin Roberts e il futuro del business
Quanto è complicato essere creativi in un momento fortemente influenzato dal politacally correct?
«Io sono politicamente scorretto e orgoglioso di questo, perché penso che la politica sia assolutamente terribile. Parlo ovviamente di quella politica che resta solo un’idea, che non si può mettere in pratica.
La politica che il mondo sta seguendo oggi è una politica di estremismo e una politica di tensione. Per questo dico di essere politicamente scorretto. Perché abbiamo bisogno che i creativi abbiano piena fiducia che il loro ruolo è quello di ispirare pace, amore e armonia.
Il ruolo del business non dovrebbe essere quello di creare valore per gli azionisti, né di creare un cliente, ma dovrebbe essere quello di creare un mondo migliore per tutti. Il futuro dovrebbe essere quello del capitalismo inclusivo. Nessun altro -ismo funziona, infatti: oggi abbiamo bisogno di includere, non di continuare ad escludere e il problema con l’attuale “correttezza politica” è che è molto esclusiva e molto giudicante rispetto alla minoranza. Quindi non sono assolutamente a favore di questa idea come persona creativa, perché questo limita la creatività».
Source: http://www.ninjamarketing.it/