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Il Quiet Quitting non è (solo) lavorare meno, ma lavorare meglio

La domanda alla base del fenomeno Quiet Quitting è: lavorare tanto sacrificando la propria vita privata per ottenere di più dal proprio lavoro o lavorare il giusto rinunciando a qualche promozione ma guadagnando in qualità della vita?

Il quesito, consciamente o inconsciamente, assilla tutti sin dal primo giorno di lavoro. Un dubbio che la Generazione Z sembra non avere, o meglio, su questo concetto sembra avere le idee molto chiare.

Infatti, stando agli ultimi studi di settore, le nuove generazioni di lavoratori non hanno dubbi nello scegliere di uscire dall’ufficio alle 17 per potersi andare a bere una birra con gli amici invece di fare degli straordinari per poter guadagnare qualche euro in più a fine mese.

Con questo esempio non vorremmo semplificare troppo il concetto che è alla base del Quiet Quitting, termine con il quale si descrive la nuova tendenza dei lavoratori di dare più peso alla qualità della vita privata rispetto alla crescita lavorativa.

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Da dove nasce il Quiet Quitting

Negli ultimi anni, anche con la complicità dei social, c’è stata sempre più la tendenza a sottolineare quanto fosse “alla moda” lavorare tanto, di notte, nei weekend, in aeroporto, durante le vacanze.

Farsi un selfie in spiaggia con un pc, oppure mentre facciamo colazione in un bar, o ancora mentre stiamo per prendere l’aereo per andare in vacanza.

A questa tendenza si contrappone quella del Quiet Quitting dove sparisce il concetto di lavorare sempre e ovunque, ed emerge la filosofia di lavorare il giusto per godersi la vita privata.

Una vera rivoluzione di atteggiamento lanciata soprattutto dalla Generazione Z e dai Millennial.

In questo cambio di direzione ha inciso molto la pandemia che, complice lo smart working, ci ha fatto passare per normalità il lavoro da casa senza alcun orario, obbligandoci a rispondere a mail o a messaggi anche nei week end, la sera o nei festivi.

quiet quitting e burnoutquiet quitting e burnout

Proprio a questa situazione di intersezione costante e quotidiana tra vita lavorativa e vita privata il Quiet Quitting cerca di porre rimedio.

Quali sono gli atteggiamenti del Quiet Quitting

Questo nuovo approccio al lavoro, che potrebbe sembrare più teorico che pratico, si traduce in una serie di atteggiamenti quotidiani e in prese di posizioni chiare nei confronti di colleghi e manager.

Paula Allen, Global Leader e Vice-Presidente Senior di Ricerca e Wellbeing a LifeWorks li espone in maniera chiara.

Chi fa del Quiet Quitting la propria filosofia di vita decide di non rispondere alle mail o ai messaggi al di fuori degli orari di lavoro, decide volontariamente di non sincronizzare le mail lavorative sul proprio telefono e preferisce avere una seconda scheda telefonica dedicata esclusivamente al lavoro.

Un altro aspetto decisionale è quello di rifiutare attività o progetti che si discostano di molto dalla propria mansione per la quale si è stati assunti.

La Generazione Z, come accennato in precedenza, sceglie di andar via dall’ufficio all’orario stabilito da contratto e non si sente in obbligo di fare costantemente e quotidianamente degli straordinari.

Tutto questo porta automaticamente ad un altro risultato: quello di sentirsi emotivamente meno coinvolti negli obiettivi aziendali.

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Il problema del Burnout al tempo dell’iper connessione

La volontà espressa soprattutto dalle nuove generazioni di riprendersi in mano la vita è una risposta ad una condizione lavorativa che in molti casi è sfociata in malattia.

Una ricerca effettuata nel 2021 da BVA Doxa per Mindwork evidenzia che l’80% delle persone intervistate ha avuto negli ultimi 12 mesi sensazione di sfinimento, distacco mentale e calo dell’efficienza fisica e lavorativa.

quiet quitting - work life balancequiet quitting - work life balance

Mentre il 44% del campione ha affermato che il sovraccarico lavorativo ha influito negativamente nelle relazioni famigliari, nelle amicizie e nella qualità del tempo libero.

A questi studi si aggiunge quello effettuato da Deloitte che evidenzia un altro espetto interessante.

L’87% del campione ha affermato di amare il proprio lavoro, ma di questo campione il 67% afferma ugualmente di essere stressato da questa situazione.

Un dato interessantissimo che fa cadere il mito del “se ami il tuo lavoro non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita”.

Lavorare di meno non significa (molte volte) rinunciare alla crescita

All’interno di grandi aziende, ormai da anni, si va nella direzione del lavoro sostenibile, della settimana corta, del lavoro a progetto con orari flessibili.

Questo perché studi hanno dimostrato che lavorare meno, e meglio, significa ottenere risultati migliori per l’azienda e per la propria crescita personale (oltre a migliorare la vita privata). Trovare il giusto bilanciamento tra vita privata e carriera è il prossimo obiettivo di manager e lavoratori.

Quindi, dobbiamo iniziare a pensare al lavoro come strumento per migliorare il nostro tempo libero e non viceversa.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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