Qualsiasi decisione di design può potenzialmente includere o escludere una persona. L’inclusive design è quel tipo di progettazione per prodotti, servizi o ambienti focalizzata sulla comprensione della diversità degli utenti.
Studia anche come includere il maggior numero possibile di persone all’interno di un processo decisionale su uno specifico prodotto. In particolare, gruppi sociali e cluster di utenti tradizionalmente esclusi dalla possibilità di utilizzare un’interfaccia o navigare in un ambiente.
Perché parliamo di Inclusive Design
L’inclusive design celebra la diversità delle persone per rimuovere eventuali barriere che ne precludono l’accesso. Se è vero che non scopriamo oggi le esigenze delle persone su sedia a rotelle o quelle con mobilità ridotta, è altresì necessario identificare e comprendere le barriere comunicative che incontrano gli utenti con difficoltà di apprendimento, problemi di salute mentale, problemi di vista e problemi di udito.
Progettando un ambiente costruito in maniera inclusiva, è possibile superare la frustrazione e le difficoltà vissute da molte categorie, come i disabili, gli anziani o le famiglie con bambini piccoli.
Perché è importante per noi
L’avanzamento tecnologico e le nuove interfacce digitali continuano a offrire sempre più funzionalità a costi sempre più contenuti. È per questo che aziende e organizzazioni cadono sempre più facilmente nella trappola della “feature race”: la corsa sfrenata a nuovi sviluppi di usabilità.
Cercare di fornire sempre più funzionalità è senz’altro una strategia per essere un passo avanti sulla concorrenza. Talvolta questo significa trascurare l’accesso a determinate categorie sociali.
Cosa c’è da sapere
Si è iniziato a parlare di inclusive design nel 1997 quando alcune organizzazioni statunitensi, tra cui l’Institute for Human Centered Design (IHCD), hanno sviluppato i Principles of Universal Design. Da allora l’IHCD ha spostato il linguaggio dei principi da “universale” a “inclusivo”. Nel 2006 il Design Council del Regno Unito, attraverso il Commission for Architecture and the Built Environment (CABE), ha pubblicato una serie di principi di progettazione inclusiva.
L’Università di Cambridge ha poi sviluppato l’Inclusive Design Toolkit, inserendo nella progettazione elementi come l’esplorazione dei bisogni, la creazione di soluzioni e il grado di soddisfazione dei bisogni. Oggi grandi corporation come Microsoft, Google e Adobe, fondano i loro prodotti e servizi sui principi di inclusive design.
Conclusioni
Poter ridefinire il processo creativo e di progettazione di determinati prodotti o servizi, oltre ad aprire le porte del loro utilizzo a nuove categorie di persone, è un passo in avanti per la società attuale verso principi di maggiore inclusività. Un ambiente maggiormente inclusivo dovrebbe superare il design tradizionale fondato su specifiche tecniche minime per ispirare stakeholder e utenti a un uso innovativo e progressista.
A guardarlo meglio, l’inclusive design sembra una versione modernizzata del Participatory Design nato negli anni ’70 dalla cultura ingegneristica scandinava: consultare gli utenti e le loro esperienze ancor prima di procedere alla fase di analisi, costruzione e implementazione del prodotto.
Source: http://www.ninjamarketing.it/