Meno parcheggi perché ci saranno meno auto in circolazione. Sensori ovunque, anche nelle fogne (sì hai letto bene). Garage che diventano case e proprietari che costruiscono nuovi appartamenti nei loro cortili per abbassare il costo degli affitti. E ancora una pittura speciale che evita l’eccessivo riscaldamento delle case.
Le città del futuro si costruiscono, giorno dopo giorno, sotto i nostri occhi. La loro evoluzione è così rapida che lo stesso termine smart cities non sembra più adatto a definirle, come ci racconta Carlo Ratti, architetto e ingegnere che ha fondato lo studio CRA, a Torino e New York, e dirige il Senseable City Lab presso il MIT di Boston:
«Negli ultimi anni Internet è entrato nello spazio fisico – lo spazio delle nostre città, in primo luogo – e si sta trasformando nel cosiddetto “Internet of Things”, l’Internet delle cose, portando con sé nuovi modi in cui interpretare, progettare e abitare l’ambiente urbano. Alcuni definiscono questo processo con il nome ‘smart city’, la città intelligente. Ma temo che questa definizione rischi di relegare la città a un mero accidente tecnologico e per questo preferisco parlare di Senseable City», spiega Ratti.
Per l’architetto, una città “senseable” è al tempo sensibile e capace di sentire. E favorisce la creazione e diffusione di modelli partecipativi, dalla mobilità al consumo energetico, dall’inquinamento allo smaltimento dei rifiuti, dalla pianificazione urbana alla partecipazione civica.
Un futuro tra dati, partecipazione, spazi green e mobilità facile
Il futuro delle città si scrive attorno a quattro parole chiave. La prima è dati, l’infinita quantità di informazioni che come cittadini produciamo ogni giorno con i nostri telefoni.
I dati saranno usati dalle amministrazioni pubbliche per formulare nuovi paradigmi per il disegno delle città che vedranno la partecipazione di tutti: dai semplici cittadini, alle startup, imprese, centri di ricerca. Il coinvolgimento di più soggetti è la base della Senseable City, un modello che è incentrato non più esclusivamente sull’aspetto tecnologico, ma soprattutto sui modelli partecipativi.
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Partecipazione è non a caso un’altra parola chiave della città del futuro. Nella capitale islandese, Reykjavik, per esempio, i cittadini hanno a disposizione un forum di consultazione, e “Better Reykjavík”, nel quale possono comunicare direttamente con la pubblica amministrazione per presentare idee sui servizi e attività cittadine.
Poi c’è l’efficientamento energetico, con le città che si sono date l’obiettivo di ridurre il loro impatto sull’ambiente, per portare a zero le emissioni di CO2 entro pochi anni. “Energia” si accompagna a “green”, con sempre più natura in città: coltivazioni idroponiche, orti verticali, spazi di urban farming sono alcune delle soluzioni per aumentare la presenza del verde nelle città.
Il futuro delle città infine si scrive intorno alla parola mobilità: auto elettriche e a guida autonoma, scooter e bici elettriche, posti per la ricarica, saranno i cardini intorno ai quali si costruiscono le strade del futuro:
«Siamo in una fase di grande sperimentazione. Ogni città sta esplorando l’innovazione da punti di vista diversi. Per esempio, Singapore ha intrapreso progetti molto interessanti sulla mobilità del futuro, Copenhagen sulla sostenibilità, Boston sulla partecipazione dei cittadini, Milano sull’integrazione tra natura e architettura e così via», prosegue Ratti.
I trasporti pubblici a guida autonoma e la rivoluzione dei parcheggi
Immagina di essere a casa tua e di dover raggiungere il tuo lavoro nell’unica settimana in un mese in cui è prevista la tua presenza in ufficio. Cosa fai oggi lo sai, invece pensiamo a come ti comporterai in futuro.
Avrai la tua app a portata di telefono. Lì digiterai il veicolo a trasporto autonomo che preferisci (sia esso pubblico o privato, un SUV, come un veicolo elettrico) che verrà a prenderti e ti accompagnerà in ufficio, per poi riaccompagnarti comodamente a casa.
Sembra fantascienza, ma stando a un’inchiesta di The Wall Street Journal, alcune sperimentazioni di questo tipo già esistono e funzionano. Ad Arlington in Texas, il servizio di “self driving shuttles” è già attivo e ha una tariffa abbordabile di 3 dollari a corsa.
In un mondo dove sempre meno persone avranno un’auto di proprietà (che non è più una priorità dei Millennials e della generazione Z), a congestionare il traffico saranno gli spedizionieri del delivery. Con le persone in smart working e l’abitudine a comprare online, è molto probabile che il numero di spedizionieri sulle strade sia destinato a crescere nel prossimo futuro, paralizzando le strade.
Ad Aspen nel Colorado, la cittadina ha lanciato, a tal proposito, un programma davvero originale. La sosta degli spedizionieri in città diventa smart grazie a un’app che l’autista utilizza per avvertire della sua presenza e prenotare la sosta in una zona dedicata, “una smart delivery zone”. In questo modo il comune può collezionare dati e comprendere statisticamente quando c’è un picco della domanda in città, oltre a mettere anche soldi nelle casse comunali, dato che le soste, come i parcheggi, sono a pagamento.
Secondo un dato di The Wall Street Journal, la domanda dei parcheggi nelle grandi città potrebbe diminuire del 30% rispetto al livello pre-pandemico. A contribuire a questa drastica riduzione, l’abitudine delle persone a spostarsi con bici elettriche e e-scooter, al posto dell’auto. I parcheggi pubblici e privati esistenti sono destinati a cambiare la loro natura, trasformandosi in hub multiuso.
A Las Vegas, per esempio, per bilanciare la sperequazione tra una domanda più bassa di parcheggi e un’offerta sempre alta, alcuni spazi in eccesso sono stati trasformati in aree di ristoro per alcune categorie specifiche di autisti, come i lavoratori Uber che si recano in alcune aree, che trovano in un’app apposita, per ascoltare musica, rilassarsi in un bar, servirsi di bagni pubblici o ancora fare shopping.
Per chi invece non vuole rinunciare all’auto e vive l’incubo del parcheggio, un’app a Philadelphia ti guida in tutto il processo. Attraverso un comando vocale, l’autista dialoga con l’app che, prima di trovare il parcheggio più adatto nelle vicinanze, fa alcune domande, del tipo, “Vuoi parcheggiare nei pressi della tua destinazione? Oppure preferisci fare qualche passo a piedi?”.
Case più piccole, costruite nei cortili per abbassare gli affitti
Le case del futuro saranno più piccole di quelle a cui siamo abituati. La crescita della domanda di abitazioni e un’offerta di spazi per costruirle sempre più bassa sul mercato, porterà le case a ridurre la loro volumetria.
A Pasadena, in California, il problema è stato affrontato con una soluzione ingegnosa. La città offre prestiti fino a 150mila dollari per i proprietari che vogliono trasformare i loro garage oppure lo spazio in più nei loro giardini, in abitazioni da mettere poi in affitto. Nello stesso tempo, la città offre un prestito di 75mila dollari per le persone che hanno salari più bassi e sono alla ricerca di case in affitto.
Sempre di case piccole si parla ma questa volta con uno scopo sociale. Sono le mini case costruite dal comune a Salt Lake, dei veri e propri rifugi per togliere i senzatetto dalle strade e dare dignità alla loro vita.
Le fogne 4.0 e una pittura speciale
Le città del futuro saranno piene di sensori (dai semafori fino alle fogne). A South Bend, una città dello Stato dell’Indiana i sensori invadono ogni cosa, perfino le fogne, per risolvere un problema molto sentito: lo straripamento dei fiumi in caso di piogge forti o dello scioglimento della neve. Un sistema hitech fatto di sensori e di valvole rileva quando il sistema è in pericolo e direziona le acque di scarico in modo da diminuire la quantità di queste che finisce fuori dalle fogne. Risultati: da 7,5 miliardi di litri che finivano mediamente nei fiumi ogni anno in media, a 1,28 miliardi lo scorso anno, grazie all’installazione dei sensori.
Altra soluzione di ingegno, questa volta per ridurre il caldo in alcune città e risparmiare sul costo dei condizionatori, riducendone al contempo l’impatto sull’ambiente, è quella realizzata da un’università americana nel Purdue Project. In pratica si tratta di una pittura che ha la capacità di non assorbire il calore dalla luce del sole e di portare a un risparmio fino al 70% dei costi dei condizionatori.
Anche se, la soluzione migliore per abbassare le temperature infernali estive in molte città, resta il caro vecchio albero. Non è un caso che molti città del mondo, si stiano dando da fare per piantarne tanti lungo le loro strade. La forestazione urbana è il nuovo obiettivo ambientale di molti comuni, anche italiani.
Alla ricerca di un’integrazione tra artificio e natura
La città del futuro che si staglia davanti ai nostri occhi si distinguerà dalla sua capacità di trovare una maggiore integrazione, una convergenza tra naturale e artificiale. Come sul nostro corpo sono aumentate le appendici tecnologiche, con cellulare, tablet, dispositivi da polso ecc., qualcosa di simile sta avvenendo alla scala urbana:
«Da un lato il mondo digitale – con le sue reti, i suoi sensori/attuatori e i suoi sistemi di intelligenza artificiale – ci permette di far sì che il mondo dell’artificiale – quello delle nostre città e dei nostri edifici, per intenderci – si comporti sempre più come un organismo vivente. I nostri spazi diventano responsivi, capaci di adattarsi in tempo reale alle condizioni circostanti. Dall’altro lato, le nuove tecnologie ci consentono di incorporare la natura nei nostri edifici e nelle nostre città».
Un processo di convergenza tra naturale e artificiale che è per Ratti al centro del concetto di sostenibilità oggi, “probabilmente la nostra unica via d’uscita dalla crisi ambientale dell’antropocene”.
Source: http://www.ninjamarketing.it/