In questi ultimi mesi mi è capitato spesso di interrogarmi sullo scambio, sul valore che diamo alla conoscenza del prossimo e al cercare d’immedesimarsi in quello che le altre persone stanno cercando.
Non possiamo negarlo: oggi tutti noi siamo protagonisti di una grande trasformazione, culturale e sociale. In primis, la pandemia ha velocizzato il processo di digitalizzazione e di accelerazione su tematiche legate al mondo del lavoro e alla ricerca del benessere individuale e collettivo.
Quello che viene definito New Ways Of Working è trend topic a tutti i livelli delle organizzazioni. Anche se ci sono idee divergenti, proprio qualche giorno fa Elon Musk in una mail indirizzata ai dipendenti dell’azienda spaziale SpaceX scrisse «Più è alto il vostro livello nell’azienda, e più la vostra presenza dovrà essere visibile».
Parlando di sé, ha scritto: «È il motivo per cui passo così tanto tempo in azienda […], se non l’avessi fatto SpaceX sarebbe andata in bancarotta già molto tempo fa». E in una mail molto simile inviata ai dirigenti di Tesla, Musk ha scritto: «Chiunque voglia fare smart working deve comunque essere in ufficio per almeno 40 ore la settimana, altrimenti lasci Tesla».
Su queste dichiarazioni si è aperto un forte dibattito perché, nella vita di tutti i giorni, abbiamo potuto appurare come sia stato possibile raggiungere ottimi risultati anche lavorando in totale smartworking. Molte aziende stanno iniziando a lavorare in modalità ibrida facendo un giusto mix tra lavoro in smart e in ufficio anche al fine di favorire le relazioni.
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Quattro generazioni al lavoro
Ed è proprio di relazioni tra persone su cui vorrei fare un focus. Nelle aziende oggi avviene qualcosa che non ha precedenti – o almeno non di queste dimensioni -, abbiamo per la prima volta una forza lavoro composta in modo attivo da ben 4 generazioni, dai Boomer, alle Gen Z. Il grande lavoro è quello di metterli a confronto pensando che in fondo non siamo così diversi.
Leah Georges, Sociologa ricercatrice e docente al Creighton University, nei suoi studi dimostra come in realtà esistano più similitudini che diversità tra le persone e ci offre tattiche utili ad immergersi nei luoghi di lavoro con un’ottica multigenerazionale.
L’assunto di base è che siamo semplicemente persone. Il segreto è avvicinarsi alla persona che ci sta accanto per capire meglio che cosa pensa, che cosa sogna e qual è il suo scopo, per capire che in fondo è sufficiente aprirsi all’ascolto.
Per questo motivo, quando ho avuto il piacere di conoscere Tommaso Stratta, 23 anni, un vero Gen Z, non ho perso l’occasione per fargli qualche domanda e ho scoperto quanto siamo simili e quanto possiamo aiutarci a vicenda in un contesto in continua evoluzione.
Quanto è importante per la tua generazione il work life balance?
Non ci deve essere una mera separazione tra la sfera privata e quella lavorativa. Dobbiamo cercare di divertirci a lavoro, di essere tranquilli, a proprio agio. Cercare di farle coincidere è sbagliato ma neanche separarle di molto è scorretto! Basta pensare a quante ore lavoriamo rispetto a quanto riposiamo in una giornata. In media, togliendo i giorni festivi, un italiano lavora 38,8 ore a settimana.
Noi giovani tendiamo a dividere in modo troppo drastico la sfera privata da quella lavorativa affrontandola come più un obbligo che un piacere. Avere un giusto equilibrio è fondamentale.
Credi che il mondo del lavoro sia in grado di soddisfare le aspettative della tua generazione?
Il mondo del lavoro viene descritto in maniera diversa da come noi giovani lo percepiamo. C’è grande confusione e pregiudizio. Se per aspettativa si intende opportunità, possibilità che il mondo del lavoro ci può dare (come un futuro di speranza in termini di opportunità lavorative) ci si divide in chi la speranza la perde in partenza attaccando il sistema lavorativo e tutte le sue problematiche e chi invece ambizioso e riparte dalle sue capacità/qualità.
Personalmente mi immagino di lavorare in uno spazio in cui si può esprimere libertà di pensiero co-generando e dando importanza al gruppo rispetto al singolo. In un ambiente felice dove all’interno circoli aria pulita e non viziata da pregiudizi e competizione.
Smart Working, che cosa ne pensi?
Lo smart working ci ha mostrato la sua potenza durante il periodo di emergenza, potenza in termini anche di “effetti collaterali” che ha provocato. Operatività e dinamicità da una parte ma bisogno di contatto fisico e relazioni umane dall’altra. Non c’è un modello perfetto da seguire. In base alle esigenze, tipologia, flessibilità delle persone e aziende si adatteranno modelli ibridi diversi.
Quanto è importante per te avere l’opportunità di creare contesti che favoriscano lo scambio di opinioni con persone di altre generazioni?
È molto importante avere un confronto tra le generazioni per avere un pensiero critico ancora più allargato. Si impara sempre, ancora di più se da persone con più esperienza di te. Capire la diversità tra le diverse generazioni permette di entrare in uno spazio di co-creazione dove ognuno possa confrontarsi e ampliare le sue conoscenze.
Ho scoperto che sei un founder, mi racconti che cos’è Young & Co?
Co-creazione e Confronto sono alla base di Young&co. Si tratta di una startup nata pochi mesi fa dalla condivisione e confronto di giovani e professionisti provenienti da vari settori.
L’obiettivo di questo progetto è la creazione di una Community di giovani per i giovani per entrare in contatto con il mondo del lavoro in modo consapevole ed abbattendo le paure e le ansie. Nella nostra Community la libertà di pensiero e di interazione è alla base, costruendo dialoghi costruttivi e di valore.
Proprio per questi motivi ho pensato di creare un qualcosa di nuovo e ci auguriamo di poter coinvolgere il maggior numero di giovani possibili, giovani spinti dal desiderio di condividere le proprie idee e mettersi alla prova, uscendo dalla propria zona di comfort.
Abbiamo già avuto modo di incontrarci, sia fisicamente che digitalmente e abbiamo tante idee per il futuro.
Source: http://www.ninjamarketing.it/