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La fotografia di Millennial e Gen Z secondo Spotify: differenze e sovrapposizioni

Spotify ha pubblicato la terza edizione del suo report annuale globale sulle tendenze che definiscono la Generazione Z e i Millennial. Nel 2021 la sfida comune è ricostruire la cultura dalle fondamenta. In questo contesto, l’audio digitale gioca un ruolo di primo piano.

È stato un anno piuttosto lungo per la Gen Z, una generazione che attualmente è sull’orlo di una ritrovata indipendenza: laurea), la Gen Z non vede l’ora di lasciarsi alle spalle gli eventi virtuali e tornare alle esperienze della vita reale.

I Millennial, nel frattempo, hanno dovuto affrontare vari problemi: la pandemia ha scombussolato le loro aspettative di equilibrio tra lavoro e vita privata di questa generazione, impegnata a fare carriera e a crearsi una famiglia.

Abbiamo fatto qualche domanda ad Alberto Mazzieri, Director of Sales di Spotify per comprendere più a fondo quali siano differenze e punti di contatto fra questi due generazioni e come le diverse prospettive (e inevitabili sovrapposizioni) dei Millennial e della Gen Z stiano plasmando il panorama dell’audio.

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Millennial e Gen Z: aspettative diverse ma comportamenti simili

Millennial e Gen Z sono target molto diversi, a partire dalla fascia di età: vivono esperienze e vite diverse. I Millennials sono più focalizzati sulla carriera e sul percorso professionale, mentre le priorità dei ragazzi della Gen Z sono soprattutto quelle di costruire una community, stabilire dei contatti e dedicarsi alle proprie passioni e cercare di tirare fuori il massimo da queste.

<<Da queste due descrizioni abbastanza generalizzate si può naturalmente tirare fuori molto di più. Hanno infatti anche modalità diverse nella fruizione dei mezzi, in generale, e dell’audio in particolare>>, ci spiega Alberto.

<<Sono entrambe generazioni molto rilevanti: gli under 35 rappresentano infatti il 70% della nostra audience free, quindi di quelli su cui lavoriamo quando collaboriamo con le aziende e sono esposti ai messaggi pubblicitari. Conoscere queste tipologie di pubblico, per Spotify, è davvero importante.

Ciò che accomuna queste fasce di età è che l’audio sta occupando una parte sempre maggiore della loro vita e ha un ruolo sempre più importante e significativo rispetto al passato. Questo è testimoniato dai dati che abbiamo a disposizione: il numero di utenti, il tempo trascorso sulla piattaforma e la tipologia dei contenuti disponibili>>.

Dal report Culture Next di Spotify emerge infatti che i dati sono tutti in crescita e questo testimonia la volontà dei Gen Z a essere partecipi in prima persona dei contenuti che poi si vogliono anche ascoltare, di interagire con gli artisti e i creator che gli permette di avere un ruolo attivo nella curation, cioè nella definizione di come i contenuti vengono ascoltati.

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<<Pensiamo alle playlist: spesso e volentieri si ascoltano playlist già proposte da Spotify, magari sulla base degli ascolti precedenti. Soprattutto per i più giovani, la cura della propria playlist o dei podcast esprime la loro personalità: non è solo ciò che si ascolta ma anche come lo si ascolta, mixato tra i vari artisti e i vari generi musicali.

L’audio, per entrambe le generazioni, è visto come una via di fuga: è un ottimo strumento per rilassarsi e focalizzarsi su una sorta di salute mentale e ridurre i livelli di stress, per quanto riguarda i Millennial, ed entrare in contatto con le community di persone che riteniamo vicine a noi, per i Gen Z.

Un altro aspetto che accomuna entrambe le generazioni è il fatto che l’audio sia pervasivo in tutti i momenti della giornata attraverso tutti i device: c’è il desktop, c’è l’auto, ci sono le console e gli smart speaker, tutti aumentati in termini di consumo, anche a causa della pandemia>>.

L’autodefinizione dei Gen Z attraverso la musica

Sebbene non ci siano grandi differenze nel modo in cui Gen Z e Millennial fruiscono dei contenuti per tempo trascorso sulla piattaforma o per device utilizzato, la Generazione Zeta punta molto di più ad autodefinirsi attraverso quello che ascolta, entrando in contatto con le community di persone che condividono gli stessi gusti e interessi.

Spotify Gen ZSpotify Gen Z

<<La partecipazione attiva è presente in entrambe le fasce ma l’aspettativa di incidere sui contenuti nativamente è molto più forte nei Gen Z, che sono nati nell’era dei social prima ancora che nell’era digitale e vedono nella condivisione dei contenuti, nello scambio di opinioni e nella raccolta dei feedback qualcosa di assolutamente naturale, cosa che è “meno naturale” per i Millennial, per i quali i social sono nati quando avevano un’età già abbastanza matura>>.

Dai forum ai podcast

Anche se il trend dell’audio era un fenomeno già in crescita nel periodo pre-pandemia, l’affermazione definitiva è avvenuta proprio quando le persone hanno trascorso un tempo maggiore in casa. Ecco che l’audio ha allora preso quel posto di aggregatore che, in passato, era stato assunto dai forum, prima, e dai social, poi. Adesso, questi contenuti consentono di creare community in cui le persone si rispecchiano e si ritrovano.

<<La musica, da sempre, è una modalità per esprimere il proprio interesse. Ora questo avviene anche per i podcast: quello che succede nella società, che sia l’impegno verso la sostenibilità ambientale, l’impegno verso la diffusione dei trend di vaccinazione, qualunque fenomeno culturale e sociale si riflette poi in quello che le persone ascoltano.

Il movimento Black Lives Matter, per esempio, ha comportato un avvicinamento verso la musica Black, anche forse per una sorta di solidarietà verso chi stava vivendo un momento difficile e un proliferare enorme di playlist dedicate a quel tema.

Poi, le community si creano interagendo con gli artisti e questo avviene su vari canali, ma su Spotify si riflette nell’ascolto e negli stream dei contenuti che vengono creati e nei trend di crescita di alcuni artisti che più di altri sanno comunicare attraverso i loro fan, e questo ancora una volta lo vediamo ancora più marcato nei Gen Z>>.

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E, in questo contesto, è facile chiedersi se la progressiva diminuzione delle restrizioni e il percorso verso l’uscita dalla crisi sanitaria non possa comportare, in qualche modo, una contrazione del mercato quando le persone saranno in grado di muoversi liberamente e trascorreranno meno tempo in casa. Secondo Alberto, i trend ormai consolidati non retrocederanno a favore delle precedenti modalità di consumo dell’intrattenimento.

<<Sicuramente ci saranno degli assestamenti: per esempio, l’audio in car è già ritornato ai livelli pre-pandemia, ma con un trend sempre in crescita, che la pandemia ha solo accelerato.

Diverso è il discorso per le nuove modalità di fruizione dell’audio, come da smart speaker e console: c’era già un trend accelerato dalla pandemia, ma sono abitudini ormai consolidate. Chi ha iniziato a usare questi dispositivi in casa, continuerà a utilizzarlo per il tempo trascorso in casa.

A livello globale, il tempo speso sull’audio continua ad aumentare, perché viene visto anche come un aggregatore nelle dinamiche familiari. L’esposizione ai video e agli schermi ha avuto un aumento importante negli ultimi anni, probabilmente arrivando a un picco; ora le persone cercano modalità diverse di interagire ed essere esposti ai contenuti, anche senza schermo e, in questo, l’audio può avere un ruolo importante.

Per le aziende è un’opportunità gigantesca, perché permette di entrare in contatto con l’audience che vogliono raggiungere, con le stesse capacità di profilazione che fino a poco fa erano offerte solo in modalità video, presidiando però momenti che non hanno bisogno dello schermo, a complemento di una strategia video e in una modalità di comunicazione molto efficace e immersiva come l’audio.

Gli utenti che ascoltano Spotify con il mobile, nella grande maggioranza dei casi, lo fanno indossando le cuffie rendendo l’esperienza ancora più immersiva e questo aumenta la pre-call e l’efficacia dei messaggi, se sono costruiti utilizzando i dati a disposizione>>.

Curator e creator a confronto

Tutte le big di internet ma tante, tantissime aziende più piccole stanno pubblicando annunci e offerte di lavoro per ruoli adatti ai creatori di contenuti. Il creator è diventato una figura importante per un mercato del lavoro in cui si è delineato un nuovo sottoinsieme trasversale ai settori pubblicità, intrattenimento e informazione.

Una figura altrettanto importante, non solo su Spotify, è quella del curator che, se per alcuni versi si sovrappone al creator, propone un approccio diverso alla produzione e aggregazione dei contenuti.

<<Il confine è abbastanza sottile>> spiega Alberto <<diciamo che oggi c’è la propensione a creare contenuti in prima persona per condividere le proprie esperienze e le proprie passioni. Questo era già vero in ambito musicale ed è sempre più vero per i podcast, che hanno allargato i terreni di azione in qualunque ambito, come sport, intrattenimento, news o finanza.

Lì ognuno si mette in gioco e ha la possibilità di condividere ed essere rilevanti per persone che sono interessate ai suoi messaggi creando dei contenuti.

i curator di Spotifyi curator di Spotify

I curatori hanno forse un aspetto qualitativo in più, quello di attingere da contenuti che già esistono e metterli a disposizione sfruttando quello che già c’è rendendolo fruibile con un messaggio>>.

Il rapporto dei creator con i brand

Anche per la produzione di contenuti audio, individuare le collaborazioni giuste con creator e influencer rimane una delle attività più complesse per i brand. Prima ancora, però, è necessario partire dai giusti presupposti per la creazione di una strategia in grado di raggiungere efficacemente il proprio target.

<<L’affinità di target finale è l’aspetto principale. è importante non lasciarsi ingolosire da reach e possibilità di copertura giganti ma rimanere focalizzati su quali sono effettivamente le persone che si vogliono raggiungere.

L’altro aspetto è sicuramente instaurare un rapporto che sia credibile per i valori del brand e per i messaggi che vengono veicolati agli utenti.

Sappiamo quanto le persone abbiano una propensione e condividere e ascoltare messaggi pubblicitari in cambio della fruizione gratuita della piattaforma, ma sappiamo bene anche che alla condivisione dei propri dati per essere tracciati e profilati corrisponde un’aspettativa altissima sulla rilevanza dei contenuti a cui sono esposte.

Questa è una responsabilità per i brand che devono partire dalla credibilità nel deliverare un messaggio. Su questo, noi di Spotify siamo a disposizione per supportare le aziende nella ricerca dei contenuti migliori e dei creator più adatti a cui affidarsi, ma credibilità e rilevanza sono sicuramente gli aspetti fondamentali da cui partire per definire una strategia e raggiungere questi target che sono, più di altri, esigenti in termini di messaggi a cui vengono esposti>>.

Source: http://www.ninjamarketing.it/

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