A livello globale, sono decine di milioni le persone che si considerano creator ed è un aspetto che le aziende non possono sottovalutare: le offerte di lavoro legate a ruoli da creator sono infatti letteralmente esplose.
Negli ultimi tre anni, gli annunci di lavoro con la parola “creator” nel titolo o nella descrizione sono aumentati di 4.645 volte, raggiungendo il numero record di 92.900 posizioni aperte, secondo la società di dati Thinknum, che scansiona più di 3 milioni di annunci di lavoro sui siti web delle aziende ogni giorno.
Il fenomeno riguarda trasversalmente aziende di ogni settore e dimensione, anche se la spinta primaria e più importante è arrivata dai colossi del web.
Secondo Thinknum, una delle maggiori richieste in questo mercato arriva da Amazon. Il proprietario del servizio di live-streaming Twitch contava già 40 posizioni aperte a maggio 2021, con ruoli che includevano un vice presidente dei creator proprio per Twitch e un Influencer Marketing Manager per Prime Video.
In ordine di numero ruoli disponibili legati al settore, tra le prime 10 aziende che sono in cerca di personale con il ruolo di creatore di contenuti ci sono Facebook, Google, Adidas, e Bytedance, ma tantissimi annunci simili sono stati pubblicati anche da aziende più piccole, come Vaynermedia, l’agenzia di media fondata da Gary Vaynerchuk.
Mentre alcuni annunci di lavoro puntano a raggiungere “veri creator” per progetti reali come la produzione di video o contenuti social, la stragrande maggioranza è riferita a ruoli aziendali, come manager e coordinatori.
Le aziende di ogni settore si sono ormai rese conto che hanno bisogno di prestare maggiore attenzione al fenomeno dei creator, perché hanno un grande impatto sul pubblico e la capacità di influenzare le tendenze e guidare le scelte di acquisto dei follower. Viene così a delinearsi un nuovo sottoinsieme nel mercato del lavoro, trasversale ai settori tecnologici, media e pubblicità.
Cos’è la Creator Economy
È definita come la classe di imprese costituite da oltre 50 milioni di creatori di contenuti indipendenti, moderatori e community builder, compresi gli influencer sui social media, i blogger e i videomaker. Della classificazione fanno parte anche i software e gli strumenti finanziari progettati per aiutarli nella crescita e nella monetizzazione.
Oltre all’attenzione per un trend che si sta rapidamente affermando ed è destinato a impattare sul mercato del lavoro (e sul modo in cui siamo abituati a fruire dei contenuti) nei prossimi annni, i motivi per i quali le aziende, che si occupino o meno di media, dovrebbero tenere presente la situazione sono essenzialmente tre:
- I creator sono in grado di spostare i loro fan più fedeli fuori dai social media su cui producono i contenuti per indirizzarli su siti web, app e strumenti di monetizzazione.
- I creator, sempre più spesso, si traducono in founder, costruendo team e assemblando strumenti adatti ad avviare business mentre si concentrano sulla loro attività principale.
- Oltre agli ingressi economici, i creatori di contenuti guadagnano visibilità e potere negoziale all’interno dell’ecosistema dei media, perché i fan amano molto di più connettersi con persone e individui invece che con “editori senza volto”.
Il Total Addressable Market della Creator Economy
Più di 50 milioni di persone in tutto il mondo si considerano creatori, nonostante la Creator Economy sia nata solo un decennio fa.
Non a caso, tra i bambini americani il numero di quelli che vogliono diventare una star di YouTube (29%) è superiore alla percentuale di quelli che hanno dichiarato di voler diventare un astronauta (11%), da grandi.
Ecco il TAM del mercato dei creator:
Creatori individuali professionali (circa 2M+) – Creano contenuti a tempo pieno
YouTube: Dei 31 milioni di canali su YouTube, circa 1 milione di creatori ha più di 10 mila iscritti (fonte)
Instagram: Su 1 miliardo di account su Instagram, circa 500 mila hanno più di 100 mila follower e sono considerati influencer attivi (fonte)
Twitch: Dei 3 milioni di streamer su Twitch, circa 300 mila hanno lo status di Partner o Affiliato (fonte)
Altri: inclusi musicisti, podcaster, scrittori, illustratori, totale circa 200 mila
Creatori individuali amatoriali (circa 46.7M) – Monetizzazione della creazione di contenuti part-time
YouTube: Dei 31 milioni di canali su YouTube, circa 12 milioni hanno tra 100 e 10 mila abbonati (fonte)
Instagram: Di 1 miliardo di account su Instagram, circa 30 milioni hanno tra 50 e 100 mila follower (fonte)
Twitch: Dei 3 milioni di streamer su Twitch, circa 2,7 milioni non hanno lo status di Partner o Affiliato
Altri: inclusi musicisti, podcaster, scrittori, illustratori, un totale di meno di 2 milioni
Come monetizzano i creatori di contenuti
Attraverso piattaforme come YouTube, Instagram, Snapchat, Twitch, TikTok, Substack, Patreon e OnlyFans, i creatori di contenuti sono riusciti a trasformare la propria creatività in una occupazione molto ben remunerata.
Al momento, le principali strategie di monetizzazione consistono in:
- Commissioni su investimenti pubblicitari
- Contenuti sponsorizzati direttamente dai brand
- Product Placement
- Sistemi di mance e tips da parte dei fan
- Abbonamenti a pagamento per contenuti riservati
- Vendita di contenuti digitali
- Direct selling di prodotti fisici
- Eventi virtuali e dal vivo a pagamento
- Incontri dedicati con VIP e celebrità
- Ingresso in fan club esclusivi
L’evoluzione della Creator Economy
L’evoluzione della creator economy può essere divisa in 3 momenti distinti, che si costruiscono l’uno sull’altro.
Momento 1: La creazione delle piattaforme multimediali
Dalla fine degli anni 2000, abbiamo assistito alla nascita di piattaforme come YouTube, Instagram, iTunes, Spotify, e più recentemente Snapchat, Twitter, Medium, Twitch, TikTok e le altre.
Le piattaforme hanno aiutato i creatori a farsi scoprire e a individuare un pubblico, in particolare grazie agli algoritmi che suggeriscono contenuti correlati, e hanno il merito di aver risolto il problema della distribuzione per i creatori, che si sono trovati a non essere più in balia delle grandi case di produzione che decidevano quali contenuti produrre e quale sarebbe stato il pubblico.
Hanno contribuito alla nascita di reti multicanale come Maker e Fullscreen e hanno aggregato i creator mentre emergevano nuove reti come Brat TV e Tastemade.
Le piattaforme hanno anche reso necessaria la creazione di strumenti di editing multimediale che hanno aiutato i creatori a perfezionare i loro contenuti. I creator più smart hanno imparato a promuoversi in modo incrociato e a diversificare la loro presenza su diverse applicazioni per minimizzare il “rischio piattaforma”.
In questo modo hanno smesso di essere vulnerabili al declino di una piattaforma, al cambiamento delle priorità, alla rimozione di funzioni o alla riduzione delle opportunità che avrebbero potuto possono danneggiarli.
Momento 2: La capacità di monetizzare degli influencer
Quando i migliori creator sono riusciti a costruire un pubblico consolidato che si fidava dei loro contenuti, i brand hanno iniziato a riconoscere l’importanza di un investimento per sfruttare la loro portata sulle piattaforme per pubblicizzare prodotti e servizi.
Mentre alcune piattaforme hanno scelto da subito di condividere le entrate con i creator, altre hanno lasciato alle singoli protagonisti il compito di capire come monetizzare le proprie attività, portando direttamente alla nascita di contenuti sponsorizzati, con aziende che si sono specializzate nella mediazione degli accordi tra i brand e gli influencer.
Adesso orbitano intorno al business centinaia di aziende, agenzie di influencer, marketplace e molte altre.
Secondo Mediakix, l’attuale TAM dell’influencer marketing è di circa 8 miliardi di dollari e si prevede che crescerà fino a 15 miliardi di dollari entro il 2022, rendendolo uno dei settori di business in più rapida crescita.
Momento 3: I Creatori come imprese
Con un fandom sufficientemente ampio e maturo, i creator si trasformano, a tutti gli effetti, in imprese, con flussi di entrate che non si limitano alla fonte pubblicitaria.
I creatori di oggi, vere e proprie star, riescono a guadagnare vendendo di tutto, perché i loro follower li seguono anche fuori dalla piattaforma: contenuti premium, merchandise, libri e newsletter, coaching, consulenze e la partecipazione a eventi fisici oppure online.
La situazione gli permette di concentrarsi sulla produzione di contenuti di alta qualità unici, invece che disperdere risorse nella disperata ricerca di un pubblico con contenuti generici al limite del clickbait.
Essenzialmente, i creatori devono bilanciare il potenziale di distribuzione delle piattaforme con il rischio di diventarne dipendenti, creando connessioni profonde con i fan attraverso contenuti specifici e mirati.
La grande tendenza facilmente individuabile nei tempi più recenti, è che i creator stanno riuscendo a diversificare i propri flussi di reddito, rivolgendosi direttamente ai fan, che sono disponibili a finanziarli.
Sono passati dall’essere pagati da piattaforme come YouTube con quote di entrate pubblicitarie in cambio della capacità di portare e trattenere pubblico sulle piattaforme, all’essere pagati da sponsor di brand su Instagram e Snapchat, fino a guadagnare dai fan tramite il patrocinio o le mance, in cambio di intrattenimento e dell’appartenenza a una community anche al di fuori piattaforme.
Conclusioni
Il lavoro di creatore professionista è oggi uno più richiesti. I creatori diventano creatori perché amano creare. Man mano che accrescono il loro pubblico ed espandono i loro canali di guadagno, l’onere di gestire il business diventa sempre più pesante.
Le startup e le aziende che domineranno la prossima fase di questa evoluzione sono proprio quelle incentrate sul facilitare le operazioni di monetizzare.
Essere un creatore oggi richiede di evolvere e trasformarsi da artista a founder di un busness. Il lavoro è arrivato a comprendere la gestione del prodotto, il design, l’impegno nella community, l’eCommerce e l’analisi dei dati. Tutto questo, insieme alle capacità di intrattenimento.
Diventa sempre più necessario costruire un team di esperti e venditori che gestiscano gli strumenti per costruire un business diversificato su più piattaforme. I creatori diventano meno vulnerabili ai cambiamenti di priorità dei giganti della tecnologia o dei loro algoritmi possedendo il rapporto diretto con i fan.
Ora ci sono finalmente abbastanza creatori per sostenere un intero ecosistema di startup che li aiutino a trasformare la loro passione in una professione.
Source: http://www.ninjamarketing.it/